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La corsa a un dominio adesso si farà a suon di emoji. Riempire la barra indirizzi con una sfilza di cuori, o una serie di faccette divertenti, ora è possibile.
Il servizio è già disponibile, per esempio, da GoDaddy, che ne spiega il funzionamento: “Dietro le quinte, anche se il nome di dominio viene mostrato come una serie di emoji, tutti i domini sono Acii“. L’American Standard Code for Information Interchange è un codice di codifica, ma i meccanismi, dice il sito, non devono interessare.
Ciò che conta è che il browser utilizza un sistema chiamato punycoding per tradurre i simboli in una serie di lettere. A prescindere dalla scelta del browser di riferimento, di rendere palese questa traduzione simultanea o meno, il dominio in emoji funzionerà. E tanto basta, dice GoDaddy.
L’impresa richiede già una buona dose di impegno, perché indirizzi contenenti un’unica faccina con gli occhi a cuore, o il braccio muscoloso, ma anche molti altri, sono già presi.
GoDaddy ripercorre brevemente i passaggi della storia che si sono susseguiti fino a qui: già nel 2001, tale Gregg ha registrato un .com preceduto da un pupazzetto di neve, e ancora non ha ancora nessuna intenzione di metterlo in vendita. Nel 2011 invece, Panic Software registra Poop.la, dove “poop” sta per l’emoji, diciamo, marrone. Nel 2015 è stato il turno dell’emoji ridente della Coca-Cola e poi di Norvegian Airlines.
Quest’anno, GoDaddy ha sviluppato, nell’ambio di una hackaton interna all’azienda, il meccanismo capace di effettuare ricerche e registrazione di domini emoji.
“Spinti dalla crescita del traffico mobile, i consumatori stanno integrando le emoji nella loro comunicazione sui social, messaggistica, e oltre“, ha detto un portavoce di GoDaddy a Fortune.
La strada era già tracciata: la ricerca per emoji è stata introdotta sia da Instagram, sia da iOs.
Fonte: Wired Italia